ELICICOLTURA: il mondo dietro alle lumache

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Ora che la stagione fredda sta arrivando, in Italia non possiamo non pensare ad alcuni piatti che incarnano prima l’autunno e poi l’inverno, essi variano da regione a regione come solo una cucina territoriale quale quella Italiana può fare. Tra le tante differenze, tante sono anche i punti in comune, spesso proprio a partire dalle materie prime. Grande protagonista di tante preparazioni regionali, dal nord al sud dello stivale, troviamo la lumaca (o meglio, la chiocciola): un ingrediente tanto radicato nella tradizione, quanto poco conosciuto ai più. Oggi vorremmo quindi portarvi in un viaggio alla scoperta di ciò che esiste dietro questo piccolo protagonista gastronomico, seguiteci (a passo lento)!

Un po’ di numeri….

Ogni anno in Italia si consumano circa 400 mila tonnellate di lumache (siamo il 4° paese al mondo per consumo), per non parlare dei prodotti derivati come il caviale o la bava (usata nella cosmesi), che sono sempre più apprezzati. Un settore nuovo – i primi allevamenti sono iniziati circa 35 anni fa in Italia, in seguito alle norme comunitarie che hanno vietato la raccolta libera – che ha tantissimi margini di crescita se si pensa che il 90 per cento di questi consumi è soddisfatto attraverso l’importazione dall’Est Europa e dal Nord Africa. In Italia, ad oggi, si contano circa 9.000 aziende professionali elicicole che riescono a soddisfare il 49% del mercato interno, mentre il 51% della produzione proviene dai Paesi dell’Europa dell’Est e del Maghreb che nel 2014 era pari a 225.000 quintali con un valore dell’intera filiera pari a 210 milioni di euro, mentre il fatturato del prodotto interno è 120 milioni di euro l’anno. Insomma, parliamo di grandi numeri ed in rapida crescita, intorno ad un piccolo mollusco.

Foto di Krzysztof Niewolny da Unsplash

A short (and slow) story

L’elicicoltura ha origini antichissime infatti nel bacino del Mediterraneo sono stati trovati resti di chiocciole commestibili risalenti al periodo tra la fine del Pleistocene e l’Olocene (10.000-6.000 anni fa). Nell’antichità gli antichi romani praticavano l’elicicoltura con il metodo della lumaca romana nella zona intorno a Tarquinia. Questo metodo di elicicoltura è descritto dal ricco proprietario terriero Quinto Fulvio Lippino nel 49 d.C. e menzionato dal letterato, scrittore e militare reatino Marco Terenzio Varrone nel suo De re rustica del 37 a.C. che descrive l’allevamento in cocleari (in latino cochlea che significa anche chiocciola) che prevedeva l’ingrasso delle lumache con farina ed erbe aromatiche.

Plinio il Vecchio descrive invece gli allevamenti per l’elicicoltura di Fulvio Irpino, che nutriva le sue specie diverse di chiocciole con cibo diverso e vino. Inoltre le lumache come cibo sono descritte per la prima volta nel ricettario De re coquinaria del gastronomo Marco Gavio Apicio risalente probabilmente ai primi anni del I secolo a.C.

L’elicicoltura moderna della specie Cornu aspersum si è diffusa al di fuori dell’Europa in California nel 1850 forse grazie agli emigranti francesi che la usavano per la produzione del loro escargot, mentre altre fonti affermano che furono gli emigranti italiani a portare l’elicicoltura negli Stati Uniti.

Lumache sì, ma quali?

Tante le specie di lumache esistenti al mondo (più di 3000), anche grazie alla natura preistorica di questi organismi, che infatti abitano il nostro pianeta da almeno 90 milioni di anni. Ma quali sono le specie più utilizzate in cucina? Andiamo a scoprirlo!

Helix Aspersa Muller

Detta anche Zigrinata o Maruzza,è la lumaca più diffusa nella fascia mediterranea, dove sente l’influenza marina (il clima mediterraneo è il migliore per la crescita ottimale del mollusco).
Questa specie rappresenta oggi l’80% del patrimonio elicicolo dell’allevamento in Italia. È scelta, soprattutto, grazie alla sua precocità nella crescita, che la porta alla maturazione entro dodici mesi di alimentazione.
Un’altra importante caratteristica è la forte riproduttività (quasi 150 uova all’anno in due covate).

Helix Pomatia

Detta anche Vignaiola bianca, oppure Escargot de Bourgogne, perché tipica di quella regione. In natura la troviamo esclusivamente nelle zone che non sono soggette all’influenza del mare e dei suoi venti.
È acclimatata con modificazioni morfologiche varie, da cui deriva una serie numerosa di varietà, in tutta l’Italia settentrionale e in alcune fasce montane degli Appennini. L’Helix Pomatia, che un tempo era molto utilizzata negli allevamenti, oggi rappresenta una parte meno sostanziosa dell’Elicicoltura, a causa soprattutto dei più lunghi tempi necessari alla crescita.
le sue carni, nonostante ciò, risultano sempre di grande qualità, soprattutto per l’industria della conservazione.

Helix Vermiculata

E’ chiamata volgarmente “rigatella” ed è molto conosciuta e apprezzata nell’Italia centro meridionale
E’ presente su tutti i mercati italiani durante l’intero anno, ma tutto il prodotto è esclusivamente di raccolta naturale, in parte proveniente dalla Grecia o dal Marocco. Non si conoscono allevatori di questa specie in quanto il prezzo di mercato non è molto elevato, la sola raccolta, in allevamento, se lo stesso fosse fattibile, comporterebbe già costi doppi o tripli nei confronti delle specie più pesanti e di taglia più grande.
E’ la chiocciola più conosciuta nel territorio di Roma: alla base della famosa e antica festa di San Giovanni.

Theba Pisana

E’ una chiocciola di dimensioni molto piccole: peso circa 3 gr. cadauna. E’ molto tenera e viene cotta velocemente in padella per pochi minuti e insaporita con peperoncino, prezzemolo o altre erbe aromatiche. Per esempio in Sicilia, principale produttore della penisola, viene servita con il pesto alla trapanese.
Solitamente si succhia insieme alla salsa, perché l’estrazione del mollusco è piuttosto difficoltosa, date le dimensioni.

Le lumache selvatiche? No, grazie.

Contrariamente al pensiero comune, le lumache che possiamo comunemente consumare non vengono catturate in natura, bensì sono il frutto di allevamenti (e allevatori) specializzati. Questo non è da considerarsi un difetto, anzi ne accresce le qualità organolettiche e nutrizionali. Per realizzare un impianto occorre un terreno, possibilmente non argilloso perché le pozze d’acqua che si formano rischiano di far annegare le chiocciole. Serve poi una buona disponibilità d’acqua: tutte le sere il terreno va irrigato per svegliare le lumache e invogliarle a nutrirsi e quindi a crescere. Serve circa un litro e mezzo di acqua a metro quadrato. Occorre poi una speciale recinzione antifuga, possibilmente con balza piegata all’interno. Inoltre, occorre posizionare delle pedane in legno che fungono da nascondigli e, contemporaneamente, agevolano la raccolta, poiché basterà sollevarle per raccogliere le chiocciole. Infine, servono gli ortaggi e il mangime per nutrire gli animali.

Foto di daniyal ghanavati da Pexels

In questo panorama, il Piemonte si attesta come 3° produttore italiano ed unico, in Italia ed in Europa, ad ospitare un istituto dedicato esclusivamente allo studio della chiocciola, cioè l’Istituto Internazionale di Elicicoltura sito a Cherasco, che ha dato anche i natali al primo disciplinare (al mondo) di produzione della chiocciola: il metodo Cherasco. Noi allievi del corso Gastronomo abbiamo avuto l’onore ed il piacere di poter parlare e confrontarci con vari attori alla guida di questo istituto, durante una lezione svolta a distanza nel mese di giugno e questo articolo è nato proprio dalla necessità di informazione sull’argomento (ancora troppo poco approfondito, secondo noi) che abbiamo riscontrato insieme al gruppo classe.

E voi, quanto ne sapevate su questo mondo così lento ed affascinante? Ti abbiamo schiarito un po’ le idee?

Noi speriamo di sì! 

E come sempre, questa volta più lentamente del solito, vi diamo un consiglio….occhi aperti, ci si legge (e ci si vede) in giro!

Il team dei GastroWriters

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